Non chiamiamola Transizione Ecologica ma Sostenibilità Competitiva

13 Febbraio 2021 The Ghost Writer*

Gestire in modo differente il consumo delle risorse del pianeta è diventata un’urgenza non più procrastinabile: il punto centrale di qualunque agenda green deve essere quello del riutilizzo delle materie prime. Per questo occorre favorire un processo di trasformazione di tutte le economie mondiali partendo da una modifica radicale di un modello di sviluppo che nei decenni ha eroso le risorse naturali drogando l’intero ciclo di vita.

Il punto di riferimento per tutti deve essere l’Agenda Globale delle Nazioni Unite 2030 e i 17 Sustainable Development Goals: una visione integrata dello sviluppo sostenibile, basata su quattro pilastri: Economia, Società, Ambiente, Istituzioni e su tre principi cardine Integrazione, Universalità e Partecipazione.

Sono anni che si invoca un cambio di passo culturale oltre che produttivo e industriale a favore dell’economia circolare, con una virata importante verso le fonti rinnovabili, un ridimensionamento del consumo del suolo e delle riserve idriche, politiche governative orientate a favorire strategie green da parte delle imprese e comportamenti realmente sostenibili da parte delle persone.

Grazie all’attivismo delle nuove generazioni e all’instancabile lavoro di tante associazioni e organizzazioni a carattere internazionale è cresciuta la consapevolezza ma mancano ancora significativi risultati.

Trasformare realtà produttive secondo logiche di sostenibilità è un processo complesso che richiede tempo e investimenti. Ad accompagnare questo processo di sviluppo competitivo, che riguarda certamente le imprese ma non solo, anche gli Enti Locali, le organizzazioni di rappresentanza, i singoli cittadini, deve necessariamente esserci la comunicazione, ovvero un processo di narrazione che faccia comprendere i reali vantaggi legati ad un comportamento che salvaguardi l’ambiente, le risorse, la quotidianità, il futuro.

Anche nei processi di comunicazione occorre trasformare i linguaggi sino ad ora utilizzati per sensibilizzare e coinvolgere gli stakeholder a sostenere un reale cambiamento nel paradigma narrativo legato alla sostenibilità.

Un primo passo necessario è quello di semplificare: iniziamo a parlare invece che di transizione ecologica di sostenibilità competitiva, può sembrare banale ma il meglio dagli individui lo si ottiene quando c’è competizione. Semplificare vuol dire anche decodificare, ovvero riuscire a raccontare l’essenziale in modo chiaro, comprensibile a tutti, mostrando la reale ricaduta rispetto a certi cambiamenti.

L’altro elemento chiave sono gli strumenti scelti per comunicare: la sostenibilità è ancora troppo verticalizzata, manca una strategia integrata che metta in evidenza l’omogeneità di tutte le strategie messe in atto. Spesso la comunicazione sul bilancio sociale non è perfettamente integrata con la comunicazione corporate o di prodotto. Questo genera distonia verso i pubblici.

A tutto questo si aggiungono i benefici legati allo sviluppo tecnologico e digitale dei sistemi produttivi, elementi fondamentali per sistematizzare i processi, favorire l’analisi delle performance e dei dati e proiettare l’industria verso una innovazione realmente sostenibile.

La buona notizia di questi giorni è la nomina, nel nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi, di Roberto Cingolani, un fisico, un docente esperto di linguaggi e nuove tecnologie. A lui il compito di rendere la sostenibilità realmente competitiva, puntando molto su un processo narrativo diverso da quello utilizzato oggi per promuovere l’economia circolare. Serve un cambio di passo importante a partire dalla modifica del PNRR,  dove non si intravede ad oggi una reale e virtuosa strategia di comunicazione legata allo sviluppo della sostenibilità.

* Articoli pubblicati su blog di Affari Italiani The Ghost Writer

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