#allupoallupo

30 Giugno 2019

Come insegna la morale della favola “Al lupo al lupo” conosciuta anche come lo scherzo del pastore, attribuita ad Esopo, chi dà falsi allarmi non è più creduto neanche quando dice una verità. E’ una delle prime “lezioni” educative che si impartiscono ai bambini confermando che raccontare la verità è sempre la soluzione più giusta. Quello che non si spiega ai bambini è che la verità può essere comunicata in tanti modi e non sempre il risultato ottenuto, genera trasparenza e tranquillità, soprattutto al giorno d’oggi dove gran parte dell’informazione transita e viene amplificata, attraverso commenti, post, tweet e condivisioni, sui canali social.

Nessuna messa al bando della comunicazione online, la responsabilità non è dello strumento bensì di chi diventa editore di se stesso. Un caso che ha tenuto banco nelle ultime settimane e che ha riempito le bacheche di milioni di utenti del web, è stato il tormentone legato al nuovo allenatore della squadra di calcio campione d’Italia.

Abbiamo assistito per giorni ad un crescente isterismo social che ha generato un vortice di comunicazione molto interessante da analizzare, proprio perché alla base le informazioni su cui è stata costruita la digital spy story erano frammentate e realmente di difficile interpretazione. Ovviamente trattandosi della regina del calcio italiano e delle più importanti squadre di calcio al mondo tutti i fari erano rivolti sulla dirigenza e sul nuovo nome dell’allenatore. C’è una data però che ha segnato un fatto certo: il 23 maggio, un’agenzia stampa lancia una indiscrezione, utilizzando sempre la forma verbale del condizionale, che darebbe per imminente la firma di un Top Mister per guidare il club italiano nei prossimi 4 anni. BOOM! Inizia il digital show: per settimane sino alla comunicazione ufficiale che annunciava l’accordo con un altro Mister, si è assistito ad una vera e propria telenovela social, dove il sogno si confondeva con la realtà, dove l’informazione certa e circostanziata sembrava non contare più nulla, tutto era un “cerca-cerca” di prove, indizi, suggestioni, legate a quel nome, quello doveva essere il nuovo allenatore, quello giusto, quello che tutti volevano.

Questa vicenda ha messo in luce una grande falla legata al processo della comunicazione social: le gestione dell’emotività di chi edita o commenta un contenuto sui media digitali. Il tema oggi è proprio questo, lavorare sul valore che un contenuto possiede in quanto tale e sull’effetto che esso può generare verso l’esterno. Non possiamo pensare di considerare l’informazione una comunicazione d’impulso, serve capire the last and the after, ovvero ciò che genera una notizia e soprattutto l’effetto che potrebbe provocare. Quante volte ci sarà capitato di condividere un post o un tweet e poi accorgerci che quel contenuto che abbiamo consapevolmente voluto evidenziare sui nostri profili social al nostro pubblici, in realtà è una notizia vecchia o non confermata. In questo caso la nostra disattenzione va a influire sulla nostra coerenza percepita, e questo non è buono, se vogliamo che la nostra identità reale corrisponda con quella digitale. In caso contrario saremo noi ad essere delle fake news.

Il tema è quindi molto importante e delicato, che abbraccia un modello di informazione che deve tornare ad essere considerato un esempio da capire meglio e da trattare con profondo rispetto. Divulgare un’informazione è un effetto che deve venire dopo, e soprattutto deve essere ispirato da un senso di responsabilità ragionato e non certo emotivo. Anche perché come dicevano i latini “verba volant, scripta manent”.

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