“Come sempre suole accadere in un lungo viaggio, alle prime due o tre stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo di dove sei partito, e poi d’un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta del viaggio e ormai costruisce là i castelli dell’avvenire” lo scriveva Lev Tolstoj nel racconto I Cosacchi, un’ispirazione molto illuminata che spinge ad una profonda riflessione in un momento caratterizzato da una convergenza negativa dal punto di vista economico, sociale, ambientale e sanitario che coinvolge le comunità di tutto il mondo.
Sono anni che si continua a parlare della necessità di un capitalismo diverso da quello fortemente caratterizzato, secondo Milton Friedman (1970), dal profitto come unica responsabilità sociale d’impresa e di conseguenza il mercato come unico e vero indicatore capace di creare fiducia tra gli investitori.
Questa è stata per tanti anni “la stazione” in cui sono rimaste ferme le economie di tutto il mondo, nonostante i messaggi chiari lanciati dal pianeta e dalle sue risorse. Oggi ci troviamo a dover arginare un fenomeno pandemico che ha di fatto costretto un’inversione di rotta rispetto a tanti asset di sviluppo, tra cui il ruolo delle imprese e delle organizzazioni all’interno delle comunità. Non è un caso che si è iniziato a parlare di “non neutralità” da parte delle aziende rispetto al contesto in cui operano.
Il presupposto principale di un’economia non più basata sullo shareholder capitalism bensì sulla stakeholder economy è che ogni azienda che ha come obiettivo quello di prosperare nel tempo, non può più solo puntare al profitto economico fine a se stesso bensì fornire un contributo positivo alla società.
Stakeholder Economy
Di conseguenza occorre ridisegnare un modello di business basato sul System Thinking, dove è fondamentale ascoltare, ingaggiare e mantenere alta la partecipazione di un pubblico molto più allargato, gli stakeholder per l’appunto, un committment finalizzato a creare valore nel lungo periodo per investitori, lavoratori, clienti, fornitori, istituzioni, parti sociali, media.
Per riuscire a costruire i famosi “castelli dell’avvenire” di Tolstoj oltre alla visione e alla capacità di pensare in grande, occorre capire come essere protagonisti all’interno di una circolarità di pensiero e di azione in cui il processo di informazione e di comunicazione è centrale.
In tal senso deve essere priorità uno per le organizzazioni realizzare piani strategici di comunicazione corporate che puntino a destrutturarne il classico modello a favore di un processo di narrazione che coinvolga tutta la filiera degli stakeholder, al fine di generare un consenso bottom up.
Per ottenere questo serve operare in modo chirurgico sulla brand identity delle aziende per far emergere quei valori che nel tempo hanno contribuito a generare un posizionamento e una riconoscibilità sul mercato e verso i pubblici di riferimento, ma che necessariamente hanno bisogno di una continua “concimazione” di idee e di contaminazione da parte di un sistema di relazioni inclusivo.
Quanto conta la comunicazione
Comunicare la propria identità corporate passando dal risultato al percorso compiuto, rappresenta oggi una scelta vincente a patto che si decida anche di mutare il linguaggio, sdoganandolo dalle logiche aziendali, rendendolo liquido e adattabile verso tutti i pubblici. Non è un percorso semplice, servono competenze coraggiose e autorevoli, capaci di scardinare le logiche tradizionaliste di un certo di management abituato solo a guardare al presente. Occorre puntare l’obiettivo oltre, pensare in modo differente, solo così i “castelli dell’avvenire” saranno aperti, contaminanti e sostenibili.
* Articoli pubblicati su blog di Affari Italiani The Ghost Writer
Imprese di Talento, fondata nel 2013 da Daniele Salvaggio (LinkedIn) è una società di consulenza strategica in comunicazione istituzionale e corporate. Tra i clienti appartenenti a diverse industry figurano associazioni di rappresentanza, studi legali e professionali, piccole e medie imprese.